04 febbraio 2014

Raduno minimalista Atariano sulla luna: le Recensioni di Altribit

OIDS (Mirrorsoft, 1987, x Atari ST, Macintosh)


I cavalieri della tavola rotonda, fra violenza e profondo senso della famiglia

Shiraz Shivji meditava un bel giorno sui principi d'inerzia applicati ai profitti dell'industria informatico-ludica. C'era una lenta ripresa del mercato casalingo dei videogiochi, stavolta su home computer e il suo beniamino, il C64, pur nell'acume del suo splendore (di fatto i giochi migliori furono quelli concepiti appositamente per la macchina), nonostante VICII, SID e la generosa dotazione di 64k RAM rivelava un suo limite architetturale nella velocità scarsina della CPU: elemento che veniva a galla quando si trattava di riprodurre lo "shock da coin-op" che comportavano le macchine arcade più recenti (benchè ancora a metà degli '80 reggesse bene il confronto), forti di anni di routines sempre più complesse, e di una tavolozza grafica che andava ben oltre 16 sfumature. La neonata macchina fu così equipaggiata di un processore Motorola 68000 (forza motrice a 16bit con antesignani registri a 32bit) al clock di ben 8Mhz e di una tavolozza capace di 512 colori, dando cosi' una percettibile spinta al "sogno concreto" di avere "la sala giochi a casa propria", brama che il videoplayer medio teneva sepolta in giardino, scettico per la rapida dipartita di Colecovision e una pigra affermazione del NES.




Cover gustosissima...strizza l'occhio a Juggler ;)
Pur imponendosi anche come sistema professionale grazie all'interfaccia MIDI, l'ST era un passo indietro per l'assenza di scrolling & sprites hardware e per l'impiego di un chip audio economico, escamotages utili a contenere il prezzo. Già da subito, gli adattamenti dei coin-op più blasonati si rivelarono cosi' appena sufficienti (Enduro racer ha la sua versione casalinga migliore, mentre Renegade fà i conti con uno scomodo flick-screen), in alcuni sciagurati casi aggirati (Rygar, Salamander, Wec le Mans ad es. MAI usciti su ST...), o addirittura meno che mediocri (Out Run), con qualche piacevole eccezione (Bubble Bobble, Buggy Boy). La variante è in questo caso che non ci fu una proliferazione di software originale come sul Commodore 64 (di certo non classici come lo furono ai tempi quelli firmati Epyx). Auspicabilmente, come accade in questi casi, una fetta del mercato la ritagliarono i restyling dei classici Atari, e dove seminali come Asteroids facevano campare di rendita seguiti non ufficiali ed evoluzioni/varianti (Gravitar, Thrust) si inserirono i Faster than Light, (Shockway Rider, Lightforce su 8bit). Personalmente, è stato difficile scovare nei neri vuoti dei pianeti di Oids il mistero che ne rese un budget di culto per gli ataristi: la sola animazione del titolo (con una rara sobrietà e pulizia) ci ricorda che non si tratta di un titolo per C64; come non bastasse l'assenza di un qualsiasi motivetto, dalle opzioni in poi i programmatori non si sono certo sprecati. Ma andiamo oltre la foggia esteriore...l'azione di cui la vostra minuscola (sembra proprio che i programmatori avessero in mente di rendere il campo visivo piuttosto esteso) ma sufficientemente curata astronavina è protagonista, si svolge multidirezionale in una serie di pianeti piuttosto simili tra loro per blocchi di grafica utilizzati e l'inconfondibile bordino marrone salvo per la componente strutturale del design (e un comodo editor vi permette di sbizzarrirvi almeno in questo senso, creando nuovi livelli).

nessuno vi sentirà se urlate in quelle caverne...
Il vostro compito è di recuperare gli esserini del titolo, imprigionati in una serie di basi a terra ben difese, facendo attenzione a non schiantarvi o a non farvi centrare da inopportune cannonate. Ripulite la zona con una scarica di piombo pesante (a proposito, la federazione vi ha fatto un BEL regalo munendovi di laser e bombe) cautelandovi di non coinvolgere nello sterminio anche i detenuti, e atterrate allineati perpendicolari al terreno. Una volta raccolti (in maniera analoga a quanto fatto anche in Choplifter della SEGA) è il momento di tornare all'astronave madre: sarà lei a farsi viva nello spazio aperto una volta recuperati 8 oids (di più la stiva non consente). Alla fine, una simpatica sequenza animata vi trasporterà nel pianeta successivo. Il nemico numero uno rimane l'inerzia, dove una barriera vi aiuta, limitatamente a pochi urti, a ripararvi dai matematici impatti sulle pareti di anguste caverne, scenario dei livelli avanzati. Non mancano teletrasporti e capsule che invertono la gravità tanto care ai Thrust-maniaci. Più avanti il nemico apparentemente passivo dei primi livelli diventerà sempre più coriaceo sfoderando persino dei cattivissimi alieni che esplodono in aria senza preavviso, costringendovi così a delle autentiche manovre kamikaze per schivarne i detriti. Ci sono ben 8 galassie (divise per caratteristiche geologiche e di difesa, e che richiedono quindi un approccio differente) da ripulire, ed è possibile scegliere da quale iniziare.




Non fosse per l'arancione, la CGA sarebbe dietro l'angolo
Atari ST (Gixio): 
Oids è un titolo altruista. Prescindendo da squisiti corollari morali pronunciabili, che vedono la vostra retribuzione karmica come unico incentivo possibile di fronte ad un perpetuo rimpinzare le stive dell'astronave madre di minuti esseruncoli (degne di menzione, a tale proposito sono le faccie stralunate d'amore che il nostro caporedattore fa davanti al monitor, tenete presente che quest'uomo anni fa considerava i Lemmings come suoi figli), è improponibile ignorare brutalmente  lo sforzo di Mr.Hewitt e soci finalizzato a riempire i vostri periodi di inoperosità giornaliera. Pensate che una volta stanchi delle varianti a disposizione (pochine, per la verità), stremati dalla difficoltà dei livelli avanzati (insoddisfacente è, a tal proposito, la reattività della vostra astronave, un pochino squilibrata rispetto al potere distruttivo provvisto), risucchiati dai trascinanti effetti sonori di laser ed esplosioni (il vecchio Defender rendeva in confronto l'idea di vuoto siderale in maniera più che egregia) in una fosca meditazione autunnale, avrete la possibilità di creare intere galassie comodamente seduti sulla tavoletta.  Come già accennato, i blocchi di grafica (peraltro mossi da una una routine di scrolling discretamente traballante) non fanno molto per distinguere un pianeta dall'altro, mentre Rob Hubbard stavolta è rimasto a casa (peccato perchè riuscì in precedenza a proliferare le vendite di una ciofeca come Lightforce); rimane una componente distruttiva veramente esigua se affiancata alle soddisfazioni che produzioni più recenti sanno ancora regalare (il discreto Zarathustra per Amiga o lo splendido Sub-terrania per Megadrive - foto qui sotto-, quest'ultimo con una colonna sonora fantascientifica di  Jesper Kid). Il voto finale tiene conto del periodo d'uscita. GLOBALE: 65%

Un'altro clone cazzutissimo, Subterranea x MD

Una fedelissima conversione
Macintosh (Lanch) Di Oids esiste un moderno rifacimento sui Mac di generazione corrente (OsX per capirci), lo spirito è più quello della conversione che quello del remake, pertanto sì, qualche fronzolo è apparso rispetto all'originale ma mai stravolgendone lo spirito, a tal proposito lasciatemi deprecare tanti remake con rozzissimi modelli 3D che trovo online, ecco, scaricatevi questo e prendete esempio (Che Savonarola che sei!; ndGixio), i possessori di computer con la mela non hanno tantissime riproposizioni di classici quanto la scena Win e faranno bene a non lasciarsi sfuggire questo, per certi versi anche migliore dell'originale.  A seguire un breve, ma doveroso video di gameplay dall'originale su Atari ST. GLOBALE: 65%


                            Non aspettatevi paesaggi bucolici e particolare accoglienza in Oids....









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